Secondo i dati divulgati da Motus-E, al 30 giugno i punti di ricarica pubblici presenti sul territorio italiano hanno raggiunto quota 30.704, in crescita del 32% rispetto a giugno 2021.
I charging point risultano dislocati presso 15.674 infrastrutture di ricarica, presenti all’interno di 12.410 location accessibili al pubblico. Rispetto allo scorso marzo, i punti di ricarica sono aumentati di 2.847 unità.
Un dato negativo riguarda però le colonnine non funzionati: l’11,5% delle infrastrutture installate infatti risulta inutilizzabile dall’utente finale, perché non ancora collegate alla rete elettrica oppure perché ancora in fase di autorizzazione. Degli oltre 30 mila charging point, il 92% è in AC, mentre solo l’8% è in DC. Quest’ultima tipologia di colonnine è cresciuta del 46% – per i punti di ricarica con potenza tra i 50 e i 150 kW –, mentre hanno registrato un +38% i punti di ricarica con potenza superiore ai 150 kW.
Riguardo alla capillarità, il 57% dei punti di ricarica si trova nel Nord Italia, il 23% al Centro e solo in il 20% al Sud e nelle isole. «I numeri degli ultimi tre mesi sono positivi, ma possiamo e dobbiamo fare meglio in vista del 2035, quando l’Europa ha fissato lo stop all’immatricolazione di auto a benzina e diesel.
La crescita delle ricariche in DC è un segnale positivo che non si fermerà ma dovremo sfruttare al meglio anche le risorse del Pnrr destinate alle sole città e superstrade. Resta infatti da risolvere la questione dei ritardi delle gare in ambito autostradale, che non beneficeranno dei fondi del Pnrr. Bandi di gara che continuano ad essere rimandati e che si attendono da 5 anni su tutte le concessioni senza che l’impasse si sblocchi mentre alcune infrastrutture vengono installate in autostrada su iniziativa di un solo concessionario ma questo non basta. È il momento di accelerare per garantire al nostro Paese una rete di punti di ricarica capillare su tutto il territorio», ha commentato l’associazione Motus-E.